Il nostro amico Franco riprende il suo itinerario nel “cuore verde d’Italia”, come viene chiamata l’Umbria, proseguendo verso la città di Terni, nota per aver dato i natali al martire Valentino da Terni che diventò il patrono degli innamorati. Franco nel suo girovagare per la città si trovò davanti allo stemma della città raffigurante un drago e si chiese come mai sullo stemma della città fosse raffigurato un drago.
La leggenda narra che un tempo nel territorio ternano viveva un mostro orribile, una specie di drago o serpente alato, che terrorizzava tutta la popolazione locale con il suo alito pestifero che sprigionava dalle fauci. Nessuna zona dei dintorni era sicura e nessuno poteva avventurarsi in un viaggio senza correre il rischio di essere assalito dal drago, che a volte spinto dalla fame, si avvicinava fino alle porte della città. Fu così che un giorno il Consiglio degli Anziani della città si riunì per risolvere a qualsiasi costo la terribile situazione. Vennero convocati al Palazzo del Comune alcuni cittadini che avevano fama di ardimentosi. Uno dopo l’altro, però, essi rifiutarono di affrontare la rischiosa impresa.
Gli Anziani non sapevano più a chi rivolgersi e stavano per rinunciare quando un bel mattino si presentò loro un giovane ternano rivestito di un’armatura lucidissima, baldanzoso e fiero, che si offrì di affrontare il drago.
Il drago era acquattato ai margini di un boschetto e sembrava essere assopito e sarebbe stata azione facile balzargli addosso e trafiggerlo. Ma ecco che, nel preciso momento in cui il giovane stava per scagliare la lancia, il drago si eresse in tutta la sua mole e avanzò fulmineo verso il temerario. Il giovane lo evitò per miracolo.
Gli attimi che seguirono furono spaventosi. Ben due volte il giovane trafisse la bestia, ma le ferite sembravano prodotte da uno spillo e non danneggiavano per nulla il drago. Accadde invece che, a un certo punto, il sole si riflettènell’armatura del giovane e i lampi di luce che ne scaturirono abbagliarono il mostro. Il giovane non perse tempo e fece saettarela lancia con tutta la sua forza e il drago, trafitto da parte a parte, stramazzòe rimase immobile per sempre. Qualche cittadino di Terni, che aveva osato assistere da lontano alla scena, corse subito in cittàa dare la strepitosa notizia. In breve tutta la popolazione, con alla testa gli Anziani, si radunòsul luogo della lotta per constatare coi propri occhi la fine del mostro. Il giovane venne festeggiato solennemente e per parecchi giorni la cittàvisse tutta in tripudio.
In ricordo di tale avvenimento si dice che Terni abbia voluto porre la chimera verde nel suo blasone.
Probabilmente questa leggenda ebbe origine dal fatto che un tempo gran parte del territorio ternano era paludoso e che la malaria diffondeva tutt’intorno il suo pestifero alito di morte, specialmente nel rione “La Chiusa”.
Poi i terreni vennero prosciugati dalla bonifica e divennero fertili e belli. Cosìgli acquitrini e la malaria rimasero solo un lugubre ricordo e si identificarono, nella fantasia popolare, con la figura del drago.
Questo fatto leggendario dette origine al motto: «Thirus et Amnis Dederunt Signa Teramnis», ovvero: «Il Tiro e il fiume diedero le insegne a Terni».
Giorgia Campo
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