A muntagna, Mungibeddu o semplicemente l’Etna

“Impossibile essergli così vicino e non andare a trovarlo” pensò Franco. A muntagna, Mungibeddu o semplicemente Etna, è il gigante buono che in un perpetuo alternarsi di riposo e risveglio, fa compagnia all’isola da circa 600.000 anni fino ad arrivare ai giorni nostri, visitato da innumerevoli turisti con la macchina fotografica appesa al collo e i calzini nei sandali ( cosa per niente Made in Italy!).

Quando Franco vide l’Etna di fronte a sé trattenne il fiato dall’emozione: era uno spettacolo straordinario. Ma come sappiamo l’essenziale è invisibile agli occhi, ed il suo fascino oltre che nella natura selvaggia e nei colori meravigliosi risiede anche nelle leggende che lo riguardano.

Vulcano Etna-Catania

Vulcano Etna-Catania

Già, quando si parla di Etna, la leggenda non è una ma più di una e il mix di mitologia classica e credenze popolari è…esplosivo!

C’è chi crede che Eolo avesse imprigionato i suoi venti nelle viscere dell’Etna,  secondo il poeta Eschilo il gigante Tifone fu confinato nell’Etna e questo fu motivo delle eruzioni, si presupponeva secondo la mitologia greca che Tartaro (il dio dei morti) si trovasse sotto il vulcano siculo. Ancora un altro gigante di nome Encelado, il quale si ribellò agli dei, venne sepolto sotto un cumulo di terra che appiattendosi diventò la Sicilia; il suo corpo dunque si troverebbe disteso lungo tutta l’isola con la testa e la bocca collocate al di sotto dell’Etna. Un’altra cosa interessante da sapere è che sulle falde dell’Etna ci sono delle stazioni sciistiche dove tra uno snowboad e uno skipass…si può vedere il mare.

Etna- piste da sci con vista mare

Etna- piste da sci con vista mare

Ma la lista delle leggende non è mica terminata! Infatti si pensa che Vulcano o Efesto, dio del fuoco e della metallurgia, avesse la sua fucina sotto l’Etna; un anno dopo il martirio di Santa Agata, nel 252 l’Etna eruttò ma il popolo grazie al velo rosso della Santa (rimasto intatto anche dopo le fiamme del suo martirio) ed alla invocazione del suo nome riuscì a bloccare l’eruzione.

Eruzioni dell'Etna

Eruzioni dell’Etna

Ma per terminare in bellezza ed essere internazionali arriviamo fino in Gran Bretagna, in quanto secondo una leggenda inglese si narra che la Regina Elisabetta I d’Inghilterra avesse stretto un patto con il diavolo in persona in cambio di un aiuto nel governo del suo regno e per questo motivo la sovrana oggi risiede nelle viscere dell’Etna…forse era meglio Buckingham Palace!

Probabilmente di leggende ce ne saranno ancora, ma l’aria buona ha suscitato un certo languorino…per questo è tempo di saziare la fame di Franco, sia di cibo che di conoscenza. Dopo pasta alla norma, granite, cannoli, iris, cous cous, pistacchi, mandorle  e tanto altro al nostro amico è venuta voglia di un arancino.. o arancina?

Arancine siciliane

Arancine siciliane

Il dibattito è aperto: innanzi tutto il dubbio è sul genere, ma una cosa è certa…al ragù, al burro, agli spinaci per la Sicilia in generale o alla norma ed al pistacchio di Bronte nel catanese, l’arancinu (per tagliare la testa al toro) è una prelibatezza. Per fare chiarezza possiamo dire però che il termine corretto dovrebbe essere arancina, in quanto ha la forma ed il peso di una piccola arancia; in alcune zone della Sicilia però viene chiamato arancino, anche se in realtà con tale termine ci si riferisce impropriamente a quello dalla forma allungata (che in realtà sarebbe un supplì).

In questo gioco di scatole cinesi dove trovare una risposta è complicato, ci spostiamo su altri dubbi. Anche la paternità non è del tutto chiara; in un derby tra Catania e Palermo pare proprio che ci sia un terzo che tra i due litiganti gode; si pensa  che l’origine della pietanza sia araba: un piatto a base di riso profumato dallo zafferano ed arricchito con verdure, carne ed erbe. Solo successivamente è subentrata la panatura attribuita da molti a Federico II di Svevia. La forma sferica e la panatura dorata della frittura, datale in un momento successivo, ricordava per l’appunto la forma di un’arancia ed aveva la scopo di rendere tale pietanza più consistente tanto da resistere al trasporto. Inoltre è un alimento che mantiene le sue caratteristiche organolettiche per un discreto lasso di tempo e può essere mangiata anche a temperatura ambiente. Insomma una pietanza buona ed anche pratica!

Per rimanere in tema, tra l’altro, Franco mi ha raccontato di una simpatica iniziativa che coniuga il cibo con la moda,  il tutto in una cornice tipicamente siciliana.

L’oggetto in questione è il nuovo Magnum Algida che, nell’occasione del suo venticinquesimo anniversario, ha deciso di collaborare con due grandissimi stilisti italiani, vale a dire Stefano Dolce e Domenico Gabbana, iper innamorati della terra sicula già da qualche collezione!

D&G per Magnum algida-edizione limitata

D&G per Magnum algida-edizione limitata

A partire da giugno sarà quindi disponibile questo nuovo gelato ad edizione limitata. La confezione è super fashion, senza però rinunciare alla tradizione: le tinte predominanti sono quelle del nostro tricolore, sulla parte superiore carretti siciliani e fiori di zagare mentre sui lati un trionfo di fichi d’india.

Aprendo questo prezioso scrigno si potrà poi gustare un invitante gelato alla vaniglia ricoperto di cioccolato bianco e ripieno di scaglie di cioccolato fondente  e granella di pistacchio. Un tripudio di Made in Italy!

D&g per Magnum Algida- edizione limitata ispirata alla Sicilia

D&g per Magnum Algida- edizione limitata ispirata alla Sicilia

Ma purtroppo tutto l’entusiasmo, frutto di queste ultime avventure subisce una battuta d’arresto. Il padre di Franco lo ha telefonato svelandogli il suo disappunto relativo a questa sua particolare scelta. Franco passeggia ai bordi di un molo adesso, e ad alta voce comincia a ragionare.

Forse ha sbagliato, forse non doveva andare via, forse non si può inseguire un sogno, forse doveva accettare la vita così com’è senza cercare la bellezza profonda che si nasconde dietro le apparenze.

Probabilmente è meglio lasciar perdere…a questo punto, direzione Messina per imbarcarsi e tornare a casa.

I suoi pensieri però furono interrotti da una voce profonda, come i fondali di un mare inesplorato. Credeva di essere da solo invece non era così. Un pescatore seduto li vicino, avendo ascoltato le sue parole gli disse: “Si pi paura di corvi ‘n si semina linusa, non putissimu aviri la cammisa”. Ci fu uno sguardo intenso tra i due ciò e bastò a Franco per fargli capire che l’uomo non avrebbe aggiunto altro. Così con queste parole nella mente si avviò  verso la sua Vespa.

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Franscesca Dendrella

Francesca Dendrella: Laureata in Scienze della Comunicazione presso l’università di Napoli Suor Orsola Benincasa e con alle spalle una piccola esperienza come blogger contributor per il blog Ninjamarketing, sono attualmente specializzanda in Organizzazione e Marketing per la Comunicazione d’Impresa presso l’Ateneo La Sapienza di Roma. Le mie principali passioni sono: il cinema, la moda, i viaggi, la cucina, la musica e ovviamente il mio paese…l’Italia!